Basta Ego-Sistemi, ripristiniamo gli Eco-Sistemi!
Istituita nel 1972 dall’ONU, la giornata mondiale dell’ambiente quest’anno ha come tema il “Ripristino degli Ecosistemi”, danneggiati e compromessi da secoli di atteggiamento predatorio da parte del genere umano, che ha vissuto secondo il modello della crescita infinita in un sistema dalle risorse finite.
Dire che un sistema ha risorse finite non significa che queste siano destinate ad esaurirsi iesorabilmente, prima o poi, ma che bisogna calibrare l’uso delle risorse in modo che queste abbiano il tempo di rigenerarsi, in un processo circolare continuo, che regola appunto gli ecosistemi i equilibrio.
Di fronte alla contrapposizione tra consumo e risparmio delle risorse il termine corretto è proprio l’uso razionale di esse.
Nel deserto del Sahara ha senso risparmiare l’acqua… non la sabbia. Al contrario in una laguna ha senso risparmiare il terreno… non l’acqua. Lo stesso dicasi in un bosco rigoglioso, in cui ha senso risparmiare la radiazione solare…. non il legno.
In altre parole, se una risorsa è presente in abbondanza la posso utilizzare, a patto che mantenga l’equilibrio necessario a farla riprodurre nel tempo. Se invece è scarsa devo trovare alternative per non arrivare alla sua estinzione.
È quanto sta accadendo nei mari, a causa della pesca indiscriminata e spesso di frodo… nella foresta amazzonica per la deforestazione selvaggia, dovuta sia alla creazione di pascoli per gli allevamenti intensivi che al prelievo di legno pregiato. Ma è anche quello che accaduto per il petrolio, estraendo fino quasi all’esaurimento, in un paio di secoli o poco più tutto quello prodotto in milioni di anni dal nostro pianeta.
Molti pensano che tutto ciò sia inevitabile a causa dei fabbisogni crescenti di una popolazione mondiale in crescita esponenziale, che va nutrita e riscaldata garantendole condizioni di vita sempre migliori.
Appena si approfondisce però ci si accorge che non è proprio così e che la crescita demografica è un alibi dei grandi gruppi economici che mirano essenzialemnte al maggior profitto, creando sprechi e squilibri nella distribuzione delle risorse, con ulteriori ricadute in termini di rifiuti, inquinamento di aria suolo e acqua, conflitti sociali, malattie e crisi sanitarie, fino alle guerre!
Astenendoci dal giudizio politico sulle forme di organizzazione della società, dal socialismo al capitalismo al liberismo sfrenato, una cosa è certa: il modello è sbagliato, non funziona. I costi sono maggiori dei benefici.
Il modello di sviluppo dominante nel nostro unico pianeta può essere definito come un Ego-Sistema basato sul dominio egoistico del genere umano, che si pone al vertice della piramide del mondo animale e vegetale, per determinare con le sue scelte l’andamento della vita sulla Terra.
Il concetto di Eco-Sistema invece è ben diverso, basato com’è su un essere umano pari tra i pari, integrato con gli altri esseri viventi e in relazione armonica con essi, ciascuno con il proprio ruolo per lo sviluppo armonico della vita.
Ripristinare gli ecosistemi purtroppo non è cosa facile perchè il nostro pianeta, come ogni sistema complesso, ha un’inerzia intrinseca che richiede decine o centinaia di anni per ritornare all’equilibrio perduto.
Il cambiamento climatico manifestatosi con l’innalzamento delle temperature medie, causa di una repentina accelerazione del processo di scioglimento dei ghiacci perenni, richiederà secoli per invertire la tendenza. Ammesso che si riesca a rallentare e poi fermare il processo con azioni efficaci che, per ora non si vedono. Di crisi climatica si parla sin dagli anni Cinquanta, al tempo del Club di Roma di Aurelio Peccei ma, in settant’anni non siamo stati capaci di fare nulla per evitarlo. Tutti gli impegni presi nei vari COP, a partire dal Protocollo di Kyoto, non solo sono stati insignificanti per la modesta entità, ma sono stati puntualmente disattesi dai governi in tutto il mondo, salvo poche rare eccezioni.
Ora che siamo ad un passo dal punto di non ritorno, secondo alcuni esperti superato già da anni, dobbiamo prendere atto del fatto che la politica dei piccoli passi non ha funzionato. Pertanto occorrono scelte radicali e immediate per rallentare il fenomeno nel breve periodo, arrestarlo nel medio e limitare i danni a lungo termine.
Sono le tesi finali dell’ultima edizione dei Colloqui di Dobbiaco, a cui ho partecipato apprezzandone come sempre l’altissima qualità del dibattito scientifico.
Ormai si ragiona solo in termini di adattamento e resilienza.
La situazione è tale che si profilano all’orizzonte alcuni rischi:
- in prima istanza il rischio che la consapevolezza di non avere più tempo porti all’atteggiamento di abbandono della lotta, tipico di chi ormai è spacciato e non ha più nulla da perdere o da difendere;
- in secondo luogo il rischio che la pandemia da COVID-19 assorba tutte le energie e il focus politico-economico-sociale, mettendo in secondo piano la crisi climatica, dimenticando paradossalmente che i due fenomeni sono strettamente connessi.
Sarà bene ribadire che la crisi climatica è la madre di tutte le crisi. Dai flussi migratori biblici a causa della desertificazione e salinizzazione delle acque, all’innalzamento dl livello dei mari, alla progressiva perdita della corrente del Golfo, alla morte di coralli e altre specie ittiche per l’innalzamento delle temperature degli oceani, all’aumento dell’inquinamento e degli impatti umani, sempre più ammassati in megalopoli, ormai metastasi urbane sfuggite ad ogni controllo, dal politico all’urbanista. Fenomeni questi ultimi che incrementano la crisi climatica in un circolo virtuoso che sta diventando sempre più pericoloso per la permanenza dell’uomo sul pianeta che, secondo alcuni esperti è vicino all’ennesima estinzione di massa, come quella che vide la fine dei dinosauri. Co una differenza sostanziale però: i dinosauri si estinsero per cause esogene, il meteorite, indipendenti dalla loro volontà… l’umanità invece si sta suicidando con le sue scelte sbagliate!
Abbandonando per un attimo la visione apocalittica, per assumere un atteggiamento più ottimista e fiducioso nel futuro basato sulla consapevolezza del problema, primo passo per la sua soluzione, domandiamoci cosa possiamo fare.
Innanzitutto è importante convenire sul fatto che ognuno di noi, nella sua vita quotidiana personale e professionale, può fare la sua parte e dare il suo contributo. Se si ragiona come coscienza collettiva, senza attribuire le responsabilità ad altri e senza abdicare al proprio dovere di singoli in relazione con il tutto, si possono ottenere importanti risultati in termini di miglioramento della situazione.
Innanzitutto occorre portare a termine rapidamente la transizione energetica dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili. Se l’età della pietra non è finita perchè è finita la pietra non vedo perchè si debba aspettare che finisca il petrolio!
Secondo impegno fondamentale è la riduzione dei rifiuti attraverso la trasformazione dei processi produttivi da lineari a circolari, imitando la natura.
In terzo luogo occorre ridurre le filiere e accorciare le distanze della distribuzione delle merci, ripristinando il regionalismo e il localismo, che valorizzi le identità territoriali e le competenze specifiche.
Ancora, riscoprire forme di produzione agricola e zootecnica a basso impatto, abolendo le logiche industriali intensive, basate sul massiccio impiego di sostanze chimiche di sintesi, dannose per gli alimenti, per l’aria, le falde idriche e i suoli.
Rivedere il rapporto città/campagna, non più come modelli contrapposti a cui ricorrere a seconda delle congiunture: in epoca di boom economico tutti i città e i epoca COVID tutti in campagna o nei borghi rurali! Serve una maggiore osmosi tra le due realtà, con più campagna in città (orti di prossimità, forestazione, reti ecologiche…) e più città in campagna (trasporto pubblico locale, infrastruttura web, presidi sanitari, scuole…)
Potrei continuare ma mi basta aver offerto alcuni spunti di riflessione e vorrei concludere con un’ultima considerazione, anzi un appello.
Smettiamola di confondere l’ambiente con il paesaggio. Si tratta di due categorie molto diverse, che hanno bisogno di essere integrate e non lasciate contrapposte per posizioni ideologiche, che non portano a nessun risultato.
Mi spiego con un esempio. Se dobbiamo incrementare la produzione di energia da fonte rinnovabile dobbiamo trovare il modo di integrare nel paesaggio le pale eoliche e/o i campi fotovoltaici. Farlo è una sfida a cui non possiamo rinunciare, passando dai divieti vincolistici alle aperture totali spesso dovute a vuoti normativi. Dobbiamo trovare il modo di salvaguardare il paesaggio migliorando l’ambiente. Pensiamo agli acquedotti romani che attraversano vallate e luoghi di grande valore paesaggistico e ne sono entrati a far parte. Che occorra soltanto aspettare dei secoli? ai posteri l’ardua sentenza!
e.r.g.o.
p.s.: e.r.g.o. è l’acronimo del mio nuovo essere digitale e significa egidio raimondi green optimizer… quello che faccio lo spiego nelle sezioni del blog e nei prossimi post!
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