Epigenetica

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L’ambiente influenza la nostra salute e noi cosa facciamo? …possiamo influenzare l’ambiente.

Sono ormai vent’anni che numerosissimi studi hanno portato all’evidenza scientifica il fatto che molte, se non tutte, le patologie di cui l’umanità soffre sono influenzate e spesso generate dalle condizioni ambientali in cui viviamo.

La cosa è interessante perchè chiama in causa in modo diretto chi progetta e governa gli ambienti di vita: gli amministratori pubblici e gli architetti.

In particolare gli architetti progettano lo spazio outdoor inteso come lo spazio pubblico, le città e il territorio, e quello indoor inteso come gli edifici e gli ambienti confinati in genere, in cui trascorriamo mediamente il 90% del nostro tempo di vita.

Gli studi statistici, epidemiologici e genetici dimostrano come le patologie degenerative, infiammatorie e neoplastiche siano in aumento nelle nostre società, in particolar modo tra i soggetti più giovani e nei contesti più sviluppati nel Nord del mondo. Una ulteriore prova dell’influenza dei fattori ambientali ambientale è data dal fatto che soggetti provenienti da paesi in via di sviluppo, una volta arrivati nelle grandi città dei paesi industrializzati nord-occidentali, vivono le patologie tipiche del paese di arrivo.

I dati sono allarmanti e sono resi noti dalle agenzie ufficiali, come l’OMS, e dalle riviste scientifiche accreditate, ma ancora non c’è la piena consapevolezza e il riconoscimento della diretta influenza dei fattori ambientali sull’insorgere delle patologie più diffuse e letali.

Nel Regno Unito e in Italia ormai una persona su due, nel 2027, avrà il cancro nell’arco della sua vita!

Ogni anno nel mondo si registrano 3 milioni di morti in più a causa dell’inquinamento da nanoparticelle.

Mentre il PM 10 e il PM 2,5 vengono fermati dalle ciglia delle vie respiratorie esterne o dal muco tracheale, le particelle ultrafini (PM 0,1) passano, ed entrano direttamente nel sangue giungendo fino a penetrare le pareti cellulari e andando a condizionare il nostro epigenoma che, disturbato, reagisce producendo proteine per difendersi dalle influenze che arrivano dall’esterno.

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In questo modo si generano mutazioni lente, progressive ed inesorabili, che si manifestano decenni più tardi.

Le patologie più direttamente connesse a tale fenomeno sono quelle endocrino-metaboliche, le neurodegenerative, quelle autoimmuni, le allergiche, le neoplastiche…

Il dato più allarmante è che nella placenta e nel cordone ombelicale delle partorienti che vivono nei contesti urbanizzati, ormai da anni si trovano consistenti tracce di particolato ultrafine, metalli pesanti e pesticidi che, nei primi 1000 giorni di vita del bambino, il periodo più plastico in cui si forma il genoma, incidono nella scrittura del codice genetico, predisponendo l’individuo a malattie come il diabete di secondo livello, l’obesità, la fragilità cardiovascolare, l’alzheimer, l’autismo… che si manifestano in età avanzata ma trovano la loro origine nei primi mesi di vita e addirittura dal periodo fetale!

L’obesità fino a 30 anni fa non esisteva e negli USA è passata dal 4 al 36%, soprattutto tra gli adolescenti!

L’alzheimer cinquant’anni fa era praticamente sconosciuto mentre oggi in Italia si registrano 1.250.000 casi su una popolazione di poco più di 60 milioni!

Si potrebbe continuare ma direi che i dati citati sono più che significativi e sufficienti…

In pratica il passo avanti, dalla genetica all’epigenetica consiste nell’aver compreso che il DNA è statico, e muta nell’arco di migliaia di anni, mentre  l’epigenoma è assolutamente fluido e mutevole in ragione dei fattori esterni. Si potrebbe dire che il DNA è il database mentre l’epigenoma è il software e tutto comincia sin dal ventre materno se non prima, al livello dei gameti.

Ma cosa intendiamo per inquinamento ambientale?

L’alterazione della composizione molecolare dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo e del cibo che ingeriamo. Si parla di circa 120.000 molecole di sintesiprodotte in trent’anni dall’industria, sotto forma di additivi, concimi agricoli, integratori, pesticidi, plastificanti, brillantanti, ecc… che finiscono nel nostro corpo. A questo si aggiungono tutte le emissioni dei processi industriali, come diossina, metalli pesanti, particolato… frutto di processi termodinamici di trasformazione della materia, per fini energetici e produttivi in generale.

L’industrializzazione dell’agricoltura ha portato all’abbandono delle tecniche di riposo dei terreni e rotazione delle colture, a vantaggio dello sfruttamento massivo dei terreni, i cui nutrienti necessari allo sviluppo vegetativo, vengono reintegrati con composti chimici artificiali i cui residui finiscono nel nostro cibo.

Per non parlare della destagionalizzazione, delle coltivazioni in serra, della conservazione in celle frigo, dei trasporti attraverso il pianeta che, alla fine, ci portano sulla tavola ortaggi e frutta che non hanno più i nutienti necessari alla nostra salute ma sono ormai ridotti a sole acqua e fibre! E allora noi cosa facciamo? prendiamo a nostra volta gli integratori, come il magnesio o il potassio, in “comode” bustine solubili, ancora una volta prodotte da chimica di sintesi!

Paradosso? no realtà!

Vogliamo parlare degli allevamenti intensivi che producono le nostre carni? La vita in batteria, in sovraffollamento di spazi esigui, induce l’allevatore a somministrare antibiotici alle bestie per evitare che un virus possa contagiare tutto l’allevamento mettendo a rischio l’attività economica. E allora noi assumiamo antibiotici anche quando stiamo bene, attraverso il petto di pollo, considerato tanto sano e nutriente per i nostri bambini. A lungo andare si genera quella che è definite antibioticoresistenza che, paradosso ulteriore, ci rende resistenti alle cure quando ne avremmo bisogno per combattere una qualche patologia acuta.

E gli ormoni? anche quelli non ce li facciamo mancare perchè li assumiamo insieme alle carni bovine, gonfiate per produrre più latte e per crescere più in fretta e produrre ricavi con una macellazione precoce e minori costi di allevamento.

Tutti i processi descritti, in agricoltura e zootecnia, come i processi industriali emettono rifiuti nell’aria e nelle acque, chiudendo il ciclo dell’inquinamento a tutti i livelli della biosfera e mettendoci in una trappola apparentemente senza scampo.

Ma non è finita! non si può non parlare dei campi elettromagnetici artificiali in cui siamo immersi continuamente e che alterano il campo naturale di ciascuno di noi. È ormai dimostrato che dopo 7 minuti di esposizione di cellule umane, alle alte frequenze (tra 800 e 1900 MHz), quelle dei telefoni cellulari per intendersi, queste cominciano a produrre le proteine dello stress e ad innescare processi oncogenici. E siccome le cellule più sensibili sono proprio quelle embrionali e staminali è evidente quanto sia pericoloso esporre i neonati a tali campi elettromagnetici.

Oggi si parla tanto di 5G, una tecnologia di cui si sa ancora pochissimo, è ad altissima frequenza e verrà diffusa con una capillarità che prevede antenne ogni 60 m. Si tratta di un esperimento in vivo di ingegneria genetica su milioni di persone inconsapevoli!

Ma detto questo, cosa c’entrano gli architetti? possono fare qualcosa per migliorare la situazione?

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Certamente sì.

Innanzitutto i pianificatori e gli urbanisti devono progettare la rigenerazione urbana, i trasporti e la mobilità, il verde e la forestazione urbana consapevoli del fatto che le città sono le aree critiche del mondo dato che ci vive la maggiorparte della popolazione. È qui che vanno ridotte drasticamente le emissioni e che vanno innescati processi virtuosi in grado di cambiare paradigma di sviluppo, passando da quello lieare a quello circolare, per tutti i processi da quello della produzione e distribuzione del cibo, a quello della disponibilità di acqua, fino alla qualità dell’aria e delle relazioni sociali.

I progettisti di edifici invece dovranno usare materiali e sistemi costruttivi a basso impatto, che tengano in debito conto la decostruzione e lo smaltimento dei prodotti di risulta a fine vita, prevedendo tutto fin dal momento della progettazione.

Dovranno pensare a edifici sempre più autosufficienti nell’uso delle risorse e, se possibile, con un saldo attivo tra consumo e produzione di risorse come l’energia, l’acqua e il suolo.

Gli interior designer infine dovranno pensare ambienti salubri, traspiranti, con idonea illuminazione naturale, ben isolati termicamente ed acusticamente, privi di composti organici volatili e altre sostanze chimiche di sintesi, arredati con mobili e complementi prodotti con materiali ecologici, anche di origine vegetale, che ormai sono disponibili sul mercato, frutto di anni di ricerca da parte di pionieri e imprenditori visionari che cominciano a raccogliere i frutti del loro impegno.

Perchè è importante il lavoro degli architetti in questa battaglia epocale? 

Perchè dopo tutte le cattive notizie sulla nostra salute che vi ho dato fin qui, la buona notizia è che le mutazioni genetiche sono irreversibili ma quelle epigenetiche no! Queste sono reversibili, si può tornare indietro, una volta rimossa la causa dell’influenza esterna negativa.

In Svezia quando hanno abolito i pesticidi, i casi di patologie ad essi connesse sono regrediti fino a tornare ai valori precedenti, nell’arco di un decennio.

Quindi se riduciamo i campi elettromagnetici ad alta frequenza, se riduciamo o eliminiamo gli inquinanti indoor, nei cibi, nell’acqua e nell’aria, ad esempio chiudendo e riconvertendo mostri come l’Ilva di Taranto, tanto per fare un nome su tutti, si può tornare indietro.

Si può… noi tutti possiamo, ciascuno per la sua parte… Yes We Can! e dunque, al lavoro!

e.r.g.o.

 

 

p.s.: e.r.g.o. è l’acronimo del mio nuovo essere digitale e significa egidio raimondi green optimizer… quello che faccio lo spiego nelle sezioni del blog e nei prossimi post!

Se non vuoi aspettare e hai qualcosa di urgente da chiedermi non esitare a contattarmi scrivendomi a egidio@egidioraimondi.com oppure lascia un commento.

 

 

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