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    Consulenza

    Essere ConsumAttore

    E.R.G.O.By E.R.G.O.15 Ottobre 2018Updated:19 Maggio 20257 Mins Read
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    Perché è necessario essere protagonisti attivi nelle scelte d’acquisto

    Concorderete con me che quando una persona entra in un negozio per comprare uno smartphone, un computer o qualsiasi altro strumento/gadget dell’elettronica del loisir, è informatissimo e documentatissimo, al punto che non di rado ne sa più del commesso.

    Ha letto riviste di settore, ha solcato il web, ha parlato con amici e conoscenti, ha confrontato prezzi e prestazioni… insomma ha raccolto una quantità di informazioni che gli hanno reso la scelta relativamente facile. Ha potuto capire quale fosse l’oggetto più rispondente alle sue esigenze, ai suoi desideri, ai suoi bisogni… reali o indotti che fossero. In altre parole ha fatto una scelta consapevole. E’ stato un protagonista attivo dell’operazione di acquisto.

    Si può dire esattamente lo stesso anche nel caso in cui l’acquisto riguardi un’automobile. Anche in questo caso sarà facile che l’acquirente ne sappia più del venditore.

    Tutta questa quantità di informazioni a disposizione del consumatore deriva sicuramente dalla massiccia attività di marketing svolta dalle case produttrici ma, nell’era della comunicazione diffusa e disintermediata, viene rimpinguata da contributi dei consumatori stessi, attraverso articoli, recensioni, giudizi, valutazioni, confronti, ecc… Si crea cioè un movimento di comunicazione diffuso e reiterato che accresce in maniera esponenziale il bagaglio di informazioni disponibili. Soprattutto quando si tratta del lancio di nuovi modelli ad alto valore di innovazione.

    Fino a qui l’acquisto consapevole, altamente consapevole, con un ruolo attivo dell’acquirente consumatore, poi c’è l’acquisto che possiamo definire prevalentemente emotivo, basato cioè solo sulla leva esercitata sull’inconscio del consumatore, che non ha bisogno di avere informazioni tecniche di dettaglio.

    Prodotto principe di questa categoria è la Coca Cola. Una bevanda di cui non si conosce la ricetta, si sa che è dannosa per la salute, su cui circolano aneddoti in merito ai suoi effetti corrosivi e altri fenomeni che, se immaginati nel nostro stomaco, dovrebbero farci fuggire il più lontano possibile da lei! E invece uno straordinario lavoro di marketing la rende irresistibile per tanti consumatori che si identificano con i modelli e gli stili di vita ad essa associati. Tutti ricordano le feste estive in spiaggia, l’albero di natale fatto dalle persone con le fiaccole sul versante della montagna innevata, le faccende domestiche sulle note travolgenti di Aretha Franklin, e altre situazioni che fanno sognare il consumatore comune. E così basta una sorgente con la sufficiente portata di acqua, magari in un paese in via di sviluppo, si aggiunge la polverina magica che rende scura e frizzante l’acqua e il gioco è fatto. Profitti strabilianti ottenuti grazie alla marginalità tra l’acqua e la polverina, che hanno costi prossimi allo zero, e la bottiglietta/lattina/spina di prodotto finito.

    Analogo fenomeno riguarda tutte quelle bevande che appartengono alla famiglia degli energy-drink, prima fra tutte la Red Bull che, la si beve perchè mette le ali… non certo per gli ingredienti con cui è fatta, che sono scritti in modo da renderne impossibile la lettura. Anche perchè, se i consumatori leggessero che contiene un aminoacido estratto dai testicoli di toro, la Taurina che, ancor peggio, l’azienda dichiara prodotto da chimica di sintesi, le vendite avrebbero un calo repentino. Ma al consumatore non interessa. A lui interessa avere le ali per tutta la sera!

    Tutta questa premessa per arrivare ad una constatazione: la casa, bene rifugio in economia ma soprattutto bene primario per la mentalità italiana, non rientra in nessuno dei due casi illustrati fin qui.

    Chi decide di comprare casa non è assolutamente documentato come quando decide di comprare uno smartphone né, tantomeno, si lascia prendere dall’emotività nell’acquisto, date le cospicue cifre economiche in gioco. Succede quindi che, spesso, chi cerca casa è facile vittima di disinformazione, comunicazione persuasiva, omissioni di vizi e difetti…. tutto finalizzato alla sopravvalutazione del bene da parte del venditore. 

    Di contro l’acquirente, che ha imparato ormai, cerca difetti, caratteristiche obsolete, pecche… sovrastimando i lavori necessari alla loro rimozione e al recupero dell’immobile per renderlo adatto alle esigenze contemporanee di comfort, salubrità, sicurezza, ecc…

    Nasce così la trattativa dove vince il più scaltro e il più ferrato, a discapito di chi ha maggiore bisogno (di vendere o di comprare).

    E’ ovvio che da architetto questa situazione mi sollecita una riflessione, finalizzata a creare nel cittadino la giusta consapevolezza delle tematiche, nell’ottica di promuovere la qualità dell’edilizia e soprattutto l’acquisto critico, con la persona che non sia vista come consumatore passivo, magari da raggirare, ma come consumatore attivo, protagonista del processo. In altre parole un ConsumAttore.

    Quindi, che fare?

    Non c’è una sola cosa da fare, ma un mix di azioni strategiche coordinate, da mettere in campo ad opera dei vari soggetti portatori di interesse, ciascuno per le proprie competenze e le proprie responsabilità.

    Innanzitutto occorre un’adeguato livello di conoscenza dei materiali, delle tecnologie, dei sistemi costruttivi con cui vengono realizzati gli edifici oggi e con cui sono stati quelli realizzati quelli del passato. Occorre che il consumatore conosca le differenze tra le tipologie edilizie, i relativi vantaggi e le criticità a cui porre attenzione in una fase delicata come la compravendita.

    Sarebbe insomma auspicabile che un consumatore che va a visitare case per sceglierne una da comprare fosse in grado di coglierne pregi e difetti, indipendentemente da quanto verrà illustrato dal venditore.

    Sarebbe inoltre utile che il consumatore avesse informazioni di base sui valori di mercato, in relazione alle caratteristiche e alle prestazioni del bene, proprio come accade per le automobili, soprattutto in relazione al mantenimento/perdita di valore nel tempo, ai costi di gestione e manutenzione (i tagliandi per rimanere nella metafora automobilistica), ai consumi e quant’altro. Parallelamente sarebbe auspicabile una buona conoscenza delle dinamiche di finanziamento dell’acquisto e dei lavori di recupero degli immobili, dai mutui ai finanziamenti, alle agevolazioni fiscali…

    Altresì importante sarebbe avere cognizione di tutti gli aspetti giuridico legali legati alla compravendita immobiliare, dalla legittimità urbanistica e catastale, alla eventuale presenza di difformità e/o abusi edilizi, alla loro possibilità di sanarli o meno, ai rischi connessi per entrambe le parti, il venditore e l’acquirente.

    Infine, ma non per importanza, non sarebbe male avere un’idea su quanto sia sostenibile l’immobile che si vuole acquistare. Mi riferisco ai livelli di salubrità degli ambienti interni, alla qualità dell’aria, al benessere termo-igrometrico e acustico, alla sicurezza antisismica, alla durabilità, al consumo energetico e relativi impatti in termini di emissioni di gas serra in atmosfera, ecc….

    Oggi esistono sistemi di valutazione a punteggio, piuttosto oggettivi, della sostenibilità di un edificio che possono essere applicati per attribuire un voto ad esso, da far valere in sede di stima del valore di vendita o anche in sede di eventuale trattativa. In molti casi, a livello regionale, questi sistemi che si sostanziano sotto forma di Linee Guida, possono dare diritto ad agevolazioni di tipo economico e/o volumetrico in sede di intervento di recupero del patrimonio edilizio esistente. 

    Ma come trasmettere tutto questo sapere, questa cultura materiale sull’edilizia ai cittadini, in modo che possano diventare consumAttori?

    Sicuramente mettendo in campo attività informative e formative, dagli incontri informali ai corsi veri e propri, passando per seminari, workshop e pubblicazioni divulgative sotto forma di guide specifiche. Gli enti più adatti ad assumersi l’onere di capofila in una simile azione sono senza dubbio i movimenti di tutela dei consumatori che, oltre ad occuparsi di gestire il contenzioso, dovrebbero innanzitutto prevenirlo, fornendo gli strumenti per non incorrere in situazioni che poi, inevitabilmente, porterebbero al contenzioso. 

    Ho parlato di capofila perché accanto a questi driver dovrebbero aggregarsi una serie di attori istituzionali, come le amministrazioni locali, gli ordini professionali e le associazioni di categoria, nonché soggetti privati portatori di interesse, anche economico, che abbiano compreso come una maggiore cultura della qualità del costruire e dell’abitare non possa che portare vantaggi a tutti!

    Se condividi la necessità di formare ed “educare” al consumo le persone, in modo che siano più consapevoli, e sei interessato a frequentare corsi e giornate formative, contattami o scrivimi, indicando nell’apposito form gli argomenti di tuo maggiore interesse. Raccoglierò le segnalazioni e le richieste più numerose per dar vita alle prime iniziative che comunicherò qui, su questo blog, e sui miei profili social.

    Alla prossima!

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