Facile ristrutturare? Niente affatto!

Tutte le insidie di un’attività apparentemente semplice

Quando il noto volto televisivo appare negli spot per convincere che ristrutturare una casa, un ufficio o altro luogo di lavoro è facile e costa poco (a partire da 250,00 €/mq se ricordo bene) la totalità degli operatori del settore cambia canale o schiaccia il telecomando sotto una pedata ben assestata.

Premesso che è ben lungi da me l’intenzione di farla apparire difficile per difendere gli interessi della categoria dei progettisti, e dei tecnici in genere, che si vedono sottrarre lavoro o comunque erodere lo spazio di influenza e di azione.

Ma rivendicare il possesso della competenza necessaria a gestire una ristrutturazione, districandosi nella giungla normativa, scegliendo forme, dimensioni e qualità spaziale degli ambienti, valutando i materiali e i sistemi costruttivi più adatti allo scopo, mantenendo il budget di spesa previsto, guidando il committente fino alla meta, quello sì!

In un vecchio articolo di Domus, Vittorio Magnaghi Lampugnani citava un grande architetto, non ricordo chi fosse, che diceva: ”l’architetto non ha il compito di fare quello che il committente vuole ma quello di cui esso ha bisogno”.

Una frase che mi è rimasta scolpita nella mente perchè racchiude l’essenza del ruolo dell’architetto nella società. E cioè quella di capire, interpretare, far emergere i bisogni della gente per poi tradurli in spazi di vita, costruiti e non, reali e virtuali, materiali e immateriali.

Niente di più vero, riscontrabile senza ombra di dubbio quando i committenti arrivano in studio con le pagine delle riviste di settore, o meglio ancora, immagini scaricate dal web, da portali come Houzz ecc… dicendoti “è cosi che la voglio la mia casa”. Il vero problema è che ti mostrano ville a strapiombo sul Pacifico, coloniche provenzali, attici a New York, di stili completamente diversi, e soprattutto dovendo ristrutturare un appartamento di 60 mq in Oltrarno!

E dunque, nell’era dell’iperinformazione, è diventato ancora più importante riuscire a gestire il bombardamento mediatico che le persone subiscono, e aiutarle ad orientarsi nel mare magnum, in cui navigano tanti onesti ma anche tanti “furbetti”.

Ma torniamo alla domanda iniziale: è facile ristrutturare un edificio, un appartamento, uno spazio commerciale oggi?

La mia risposta è: sì, ma solo se si è un testimonial.  Cioè se lo si fa a parole, con slogan accattivanti, un logo discutibile in quanto a originalità e dei numeri buttati lì che poi sarà compito dei tecnici tenere in piedi. 

Tutto questo è il risultato della progressiva perdita di fiducia nel professionista, da parte della gente che da decenni viene imbottita di informazioni e nozioni allo scopo di farle credere che qualsiasi cosa si può fare da sè. Un mito del self-made, a cui internet ha dato un’accelerazione spaventosa negli ultimi anni, e che ha portato alla diffusione dell’uno vale uno, dei no-vax, dei no-tav, dei no-tap, dei no-tutto e, quindi, dei no-professionisti. Io se voglio ristrutturare casa mia vado sul web e trovo chi me la ristruttura più rapidamente e al minor costo, tanto poi un progettista lo si trova!

Purtroppo una frase simile fu scritta anche da un giornale locale in occasione della realizzazione di un’opera di interesse pubblico, attribuita all’amministratore dell’ente a cui l’area d’intervento faceva capo.

Ma entriamo nel merito.

Quando ci sentiamo male, normalmente andiamo dal medico di famiglia. Poi, se lo ritiene necessario, questi ci prescrive analisi, visite specialistiche, approfondimenti vari, anche strumentali, da parte di altri soggetti specialisti appunto. Dopodiche, con i risultati di tali approfondimenti, torniamo dal medico di fiducia che analizza il tutto, mette in relazione ciò che va messo in relazione e “progetta” la nostra cura, che ci porterà alla guarigione. Solo allora andiamo in farmacia a comprare i farmaci che ci hanno prescritto e che renderanno “esecutivo” ciò che è stato “progettato”.

In ultima analisi, quando abbiamo un problema di risolvere in tema di salute, andiamo dall’esperto, che ha studiato per quello.

In edilizia invece, nel caso in cui avessimo un edificio che “sta male”, il più delle volte andiamo in farmacia (impresa) e non dal medico (progettista)!

Risultato: il medico lo chiama il farmacista che, più o meno velatamente, gli chiede di prescrivere la terapia che a lui conviene di più, sia in termini di business che di immagine o altro.

Come si può pretendere allora che non ci siano conflitti, problemi, contenziosi, costi lievitati, tempi dilatati, risultati inferiori al minimo di norma, se si attua una simile distorsione del processo?

Un esempio su tutti, che è talmente diffuso da diventare in caso di scuola.

L’azienda a cui si rivolge il cittadino, o l’organizzazione che fa il cosiddetto “chiavi in mano”, segue i desideri del cliente (che ha sempre ragione) nella tipologia di intervento che consentirebbe di avverare i suoi sogni. Poi viene chiamato in causa il progettista a cui viene chiesto di rendere tutto ciò lecito dal punto di vista amministrativo, con la presentazione delle dovute pratiche presso gli uffici competenti, ed è qui che emergono una serie di aspetti, a cui “non si era pensato”, perchè le “norme sono sbagliate”, “troppo stringenti” e “fatte da chi non ha idea di cosa sia il cantiere e il mercato”, e così via…fino ad arrivare a dire che “ è colpa del tecnico, troppo fiscale o inesperto o timoroso delle conseguenze che potrebbero derivare da un modesto abuso edilizio”.

Il tecnico quindi si trova a dover lavorare senza avere la gestione del l’intero processo, sottopagato perchè ritenuto necessario solo per la firma e il timbro che dovrà apporre sui documenti, fortemente esposto a rischi di natura civile e penale per le “forzature” che saranno fatte, essendo considerate inevitabili dagli altri attori in causa perchè “io pago”! (leggere pensando alla voce del grande Totò) (inserire audio multimediale)

Inutile dire che una quota di responsabilità, se tutto questo è accaduto, è anche di noi professionisti ma resta il fatto che il problema c’è, è grave ed in forte aumento nel nostro paese, anche a causa di un processo di riforma delle professioni che, in puro stile italico, è rimasto a metà dell’opera, causando gravi sofferenze alle categorie. Ma di questo parleremo in un altro post.

Penso invece che suscitare il dibattito, alimentarlo e diffondere tra i cittadini la consapevolezza di quale sia il giusto approccio ad un’operazione così importante nell’arco della vita di una persona, sia molto più utile che lamentarsi.

E dunque, quale sarebbe l’approccio giusto alla ristrutturazione del proprio immobile?

Come già accennato, occorre rivolgersi a chi ha le competenze, le sensibilità, i titoli giuridici per pensare, guidare, gestire e portare a termine un processo complesso e articolato come quello di una ristrutturazione. 

Basti pensare alla quantità di soggetti e istituzioni che vengono ad essere convolti e che, se mal gestiti o non gestiti affatto, possono diventare letali per il buon fine dell’operazione.

 

 

 

 

 

Si comincia dalle Amministrazioni, locali e non, che emanano le norma di governo del territorio: Comune, Citta Metropolitana, Regione, Stato, in uffici come il Genio Civile, la Soprintendenza, l’autorità di Bacino e altri… preposti alla tutela di vincoli aeroportuali, cimiteriali, idraulici, geologici, paesaggistici, storico-artistici, archeologici…

A questi si aggiungono spesso le norme in materia di sicurezza, prevenzione incendi, barriere architettoniche, efficienza energetica, emissioni inquinanti in atmosfera, il codice della strada… oltre a procedure volontarie di certificazione ambientale ed energetica, spesso in logica premiante previe opportune dimostrazioni e atti d’obbligo.

Superato il vaglio normativo, con l’acquisizione di tutti titoli abilitativi e nulla osta necessari, si procede al deposito delle pratiche secondo procedura asseverata, il più delle volte su piattaforma telematica, in cui il tecnico si assume tutta la responsabilità della legittimità dell’opera dal punto di vista della conformità alle vigenti norme. In altre parole non è il Comune che approva il progetto ma il tecnico progettista che lo dichiara “regolare”, sostituendosi ai pubblici uffici.

A questo punto si apre la fase della scelta della ditta, spesso delle ditte, che eseguiranno i lavori, sulla base di precisi computi metrici, offerte economiche e contratti di appalto. 

Qui, il tecnico che è indipendente (salvo eccezioni) perchè di fiducia del committente e non scelto dalla ditta a cui ci siamo rivolte magari trovandola sul web, prepara tutta la documentazione per mettere sullo stesso piano le imprese chiamate a contendersi il lavoro, rispondendo alle stesse domande in modo da poterle confrontare con oggettività e imparzialità, nell’interesse del buon fine dell’operazione e a tutela del committente.

La scelta viene fatta considerando il prezzo offerto, la capacità organizzativa, tecnica ed economica dell’azienda concorrente, le referenze fornite e ogni altro elemento utile alla valutazione. O almeno questo sarebbe il processo ideale, che non sempre viene attuato. 

Scelte le imprese occorre impostare bene il cantiere, definire i ruoli che ciascuno è chiamato a ricoprire, stabilire le relazioni reciproche tra i vari attori, ed elaborare un programma dei tempi di esecuzione, su cui basare tutte le consegne di materiali e approvvigionamenti, gli adempimenti amministrativi, i pagamenti, i controlli.

Solo a questo punto si può passare alla fase esecutiva vera e propria, e cioè all’apertura del cantiere e all’inizio dei lavori, che vanno seguiti secondo due logiche ben distinte: la Direzione Lavori e la Direzione esecutiva o di cantiere.

La Direzione dei Lavori è spesso obbligo di legge ed ha lo scopo di garantire la conformità dell’opera al progetto.

La Direzione di cantiere, che spesso viene chiesta al Direttore dei Lavori (compresa nell’onorario pattuito) riguarda tutti quegli aspetti di dettaglio, legati alle singole scelte quotidiane, che non sono previste nè prevedibili in fase di progettazione e richiedono la consultazione di molti dei protagonisti del cantiere stesso per evitare di risolvere un problema e crearne un altro. Soprattutto per evitare malintesi, equivoci, incremento dei costi e dei tempi che, inevitabilmente, porterebbero al contenzioso.

Purtroppo questa è una figura che, nella stragrande maggioranza degli interventi di taglio medio-piccolo, rappresenta una lacuna difficile da colmare, dato che esula dalle competenze del Direttore Lavori e non è prevista tra le maestranze dell’impresa che, dal canto suo, la prevede solo nei cantieri di una certa entità e dimensione. 

Molte volte questo ruolo viene addirittura svolto dal committente, con evidenti e prevedibili disagi in cantiere, dovuti a imprecisione nella terminologia, difetti di comunicazione, errata scelta dell’interlocutore, nella filiera produttiva e nella catena di comando.

Difficilissimo far comprendere la necessità di quasto ruolo, da compensare a parte se svolto da uno degli attori già incaricati, salvo poi vedersi riconoscere di aver avuto ragione solo al termine dei lavori, avendo vissuto quanto descritto che, se paventato in anticipo, ci avrebbe come minimo fatto passare per menagrami.

Gestire la complessità amministrativa merita una riflessione a parte. Innanzitutto si deve entrare nell’ottica secondo la quale le misure devono essere rispondenti alla realtà e rispettate al centimetro, lasciando rimasto poco spazio alle tolleranze, viste gli obblighi stringenti introdotti dalla normativa che gira intorno alle compravendite. Infatti oggi occorre dichiarare, il tecnico o il proprietario che vende l’immobile a seconda delle varie zone del Paese, la conformità urbanistica e catastale dell’immobile. Eh già, la compravendita è progressivamente diventata il pettine al quale vengono tutti i nodi, per essere sciolti: urbanistica, catasto, sicurezza impianti, efficienza eneregetica, agibilità…, aggiornando la situazione di un patrimonio edilizio esistente vetusto e frutto di decenni di deregulation e gestione spregiudicata del territorio.

Pertanto, oltre alle pratiche amministrative di progetto, occorre prestare attenzione a quelle di variante, di fine lavori e collaudo finale, a quelle strutturali, impiantistiche, di sicurezza, di prevenzione incendi, legate all’ esercizio di attività commerciali/produttive, di agibilità, di accatastamento, di compravendita.

Come si può facilmente intuire, il “peso” del lavoro tecnico è sicuramente il più grande ma, dato che oggi si misura ogni cosa con il corrispondente valore economico, viene ritenuto marginale non superando mail il 15% circa dell’intero valore dell’operazione, generalmente.

Se si considerano però i costi indiretti, e quelli derivanti da contenzioso, si comprende come investendo un pochino di più sul tecnico si risparmia tantissimo sull’investimento globale. 

Ma questo lo si capisce, o lo si ammette, solo a posteriori, quando il danno è fatto e al massimo ne può essere fatto tesoro per la prossima ristrutturazione, sempre ammesso che nel frattempo non ci se ne dimentichi e si ricominci da zero, con lo stesso approccio sbagliato di sempre.

Resta il fatto che io non mi stancherò mai di ripetere che ristrutturare è cosa complessa e perchè sia facile si deve partire dal progettista!

Perchè  una buona ristrutturazione parte da un buon progetto, che non può diventare un accessorio complementare ad una “richiesta di preventivo” fatta mettendo una manciata di spunte su un form digitale!

Concludo chiedendo scusa ai profani del settore se non sono riuscito ad evitare un linguaggio troppo tecnico e agli addetti ai lavori se sono stato troppo pop ma, come ho ripetuto più volte, la materia è complessa!

Ovviamente sono a disposizione per chiarimenti e approfondimenti se mi contattate o mi lasciate dei commenti. Intanto auguro a tutti una

Buona ristrutturazione… facile!

e.r.g.o.

p.s.: e.r.g.o. è l’acronimo del mio nuovo essere digitale e significa egidio raimondi green optimizer… quello che faccio lo spiego nelle sezioni del blog e nei prossimi post!

Se non vuoi aspettare e hai qualcosa di urgente da chiedermi non esitare a contattarmi scrivendomi a egidio@egidioraimondi.com oppure lascia un commento.

 

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