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    Formazione

    Giornata Mondiale Contro la desertificazione 2021

    E.R.G.O.By E.R.G.O.20 Novembre 2021Updated:19 Maggio 20256 Mins Read
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    The dry riverbed of the Gan river, which flows into Poyang lake and is a major tributary of the Yangtze, as the river dries up near the Jiangxi capital of Nanchang, 05 December 2007, due to the drought that began in July. Water levels in Poyang Lake in Jiangxi province, China's largest fresh water lake, are nearing record lows as a drought exacerbates, causing severe water shortages for industrial and residential users. CHINA OUT GETTY OUT AFP PHOTO
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    Ricostruiamo meglio con suoli in salute

    Dal 1994 ogni 17 giugno si celebra la giornata mondiale della desertificazione e della siccità. Istituita dalle Nazioni Unite è strettamente connessa alla giornata dell’ambiente su cui abbiamo scritto il 5 giugno (qui il link) e quest’anno ruota intorno al tema “Ricostruiamo meglio con suoli in salute”.

    Il tema è coerente con il decenio ONU 2021 – 2030 per il ripristino dell’ecosistema e con uno dei 17 goals dell’Agenda 2030, precisamente il n. 15 – vita sulla terra che, testualmente, si propone di “proteggere ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica”

    La causa principale della desertificazione e della perdita di terreno fertile e sano, più che la crisi climatica, è l’attività umana, a conferma di quanto sosteniamo da tempo i condivisione con molte altre associazioni che osservano i fenomeni evolutivi della società, dell’economia e dell’ambiente, con cui abbiamo modo di confrontarci costantemente.

    L’agricoltura industrializzata, che esaurisce il suolo sfruttandolo fino a renderlo arido,  gli allevamenti intensivi che distruggono foreste per avere i pascoli  necessari a nutrire migliaia di capi (emblematico il caso della foresta amazzonica) e che compattano il suolo alterando il microclima locale, la cattiva gestione delle risorse idriche, con deviazione di corsi d’acqua e alterazione degli equilibri nei reticoli idrici superficiali, l’abbattimento indiscriminato di alberi che trattengono il terreno in siti scoscesi e in ogni caso lo strato superficiale, l’attività edilizia selvaggia che, nonostante molti governi locali abbiano adottato strategia a consumo di suolo zero, continua a “mangiarne” al ritmo di 2 mq al secondo!

    Secondo il rapporto ISPRA 2020, sui rilevamenti del 2019 in Italia il consumo di suolo, inteso come occupazione permanente, cresce più della popolazione. A fronte di 420.000 nuovi nati sono stati sigillati 57 km quadrati di suolo, cioè 57 milioni di mq, come se ogni neonato portasse con sè in culla 135 mq di cemento!

    Ultima notazione, il consumo di suolo è maggiore nelle aree a maggior rischio idrogeologico e sismico, con la Sicilia maglia nera. Ma esistono anche realtà positive da emulare, come la Valle d’Aosta che nel 2019 ha impermeabilizzato solo 3 ettari di territorio, confermandosi regione italiana più vicina all’obiettivo consumo di suolo zero.

    Il tema del suolo come “ultima risorsa” fu affrontato con contributi di altissimo livello sciantifico nell’edizione 2012 dei Colloqui di Dobbiaco, a cui partecipai raccogliendo moltissimi stimoli e spunti di riflessione che cerco di riassumere e condividere qui.

    Il punto di partenza è la constatazione che “il suolo produce beni e servizi essenziali per la nostra vita” e svolge varie funzioni essenziali:

    • produce biomassa sotto forma di cibo per il genere umano e gli animali,
    • svolge la funzione di filtro, massa di accumulo e ambiente di trasformazione fra atmosfera, falda acquifera  e litosfera. Ad esempio filtra l’acqua piovana producendo acqua potabile che poi beviamo,
    • è la più grande riserva genetica del pianeta dato che ospita la maggioranza degli organismi viventi (per numero e massa) tra tutti quelli che popolano la Terra,
    • è la base fisica di tutte le infrastrutture umane: glie difici in cui viviamo, le strade, gli impianti produttivi….
    • fornisce le matrie prime minerali necessarie a realizzare le nostre infrastrutture: argille, sabbie, ghiaie….
    • è portatore di u patrimonio culturale perchè custodisce innumerevoli testimonianze archeologiche e paleontologiche, proteggendole dall’erosione e conservando informazioni essenziali sulla storia del territorio e delle generazioni che lo hanno popolato.

    Il dato più impressionante che è emerso è che per rigenerare un solo centimetro di suolo (come spessore) occorrono dai tre ai quattro secoli!!! e tremila anni per rigenerarne uno spessore sufficiente ai fini agricoli….

    Quindi ogni volta che si libera del suolo, magari demolendo un edificio o un distributore di carburanti, oltre a bonificare il suolo, sappiamo che dovremo aspettare tutti quegli anni perchè ritorni com’era all’origine.

    Esistono varie esperienze di rigenerazione di suoli inquinati, ad esempio attraverso l’impiego di piantagioni di canapa, notoriamente in grado di assorbire metalli pesanti, come nel caso di aree nei pressi dell’ILVA di Taranto. Si tratta di azioni che accelerano il processo ma vedremo dai risultati delle sperimentazioni  quali effetti reali si avranno, in termini temporali e di qualità del terreno.

    Rendere sani i terreni degradati, ad esempio attraverso il fitorisanamento appena accennato, oltre a ripristinare l’equilibrio locale e restituire i terreni all’uso agricolo, produce una serie di vantaggi, anche economici. 

    “Il ripristino del territorio può contribuire notevolmente alla ripresa economica post-COVID19 – ha dichiarato Ibrahim Thiaw, Segretario esecutivo dell’Convenzione ONU per Combattere la Desertificazione (UNCCD) – Investire nel ripristino della terra crea posti di lavoro e genera benefici economici e potrebbe fornire mezzi di sussistenza in un momento in cui si stanno perdendo centinaia di milioni di posti di lavoro. Le iniziative di ripristino intelligente del territorio sarebbero particolarmente utili per le donne e i giovani, che spesso sono gli ultimi a ricevere aiuti in tempi di crisi. Mentre entriamo nel decennio delle Nazioni Unite per il ripristino dell’ecosistema, abbiamo una reale possibilità di ricostruire meglio dalla pandemia di Covid-19. Se i paesi possono ripristinare i quasi 800 milioni di ettari di terra degradata che si sono impegnati a ripristinare entro il 2030, possiamo salvaguardare l’umanità e il nostro Pianeta dal pericolo incombente“.

    Ancora una volta dobbiamo ammettere che la principale causa della desertificazione è l’attività umana e “Non possiamo continuare a concentrarci solo sulla crescita economica a scapito di tutto il resto; la nostra crescita economica dipende dal nostro Pianeta – ha affermato Volkan Bozkir – Dobbiamo trovare un equilibrio tra esigenze economiche, sociali e ambientali”.

    E torniamo alla definizione di sostenibilità del Rapporto Brundtland, conosciuto anche come “Our common future”, pubblicato nel 1978!

    Il tempo sta correndo veloce e noi siamo ancora troppo indietro, abbiamo fatto pochi passi nella direzione giusta e tanti nella direzione sbagliata. È ora di mettere in campo azioni che possano invertire questa tendenza, senza aspettare i governi e le leggi che emaneranno, ma agendo dal basso.

    È ora di continuare a parlare ma cominciare a fare!

    Ognuno di noi può migliorare la situazione e contribuire ad invertire la rotta, con le proprie azioni e le proprie scelte quotidiane, nella propria vita personale e professionale, facendo parte di una rete planetaria che condivide dei valori e che agisce come una immensa coscienza collettiva, abbattendo tutti i confini, amministrativi, culturali, economici… perchè il suolo in cattiva salute non ha confini e compromette il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo.

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