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    Consulenza

    Come “isolarsi” davvero

    E.R.G.O.By E.R.G.O.16 Luglio 2019Updated:19 Maggio 20256 Mins Read
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    I punti critici da considerare per avere un buon isolamento

    Nell’ultimo post ho fatto una carrellata introduttiva sul tema dell’isolamento termico degli edifici, considerando le varie tipologie possibili di materiali da utilizzare e le tecnologie più idonee, a seconda del risultato che si vuole ottenere.

    Oggi voglio affrontare i punti critici di qualunque isolamento che, se non ben risolti, rischiano di vanificare gli effetti di tutta l’operazione e far buttare via i denari investiti, per non parlare di eventuali danni che possono insorgere a carico dell’edificio oggetto dell’intervento.

    Il più importante e delicato, a mio avviso, rimane sempre il cosiddetto “foro muro”, cioè il perimetro di “confine” tra l’infisso esterno e la muratura in cui è inserito.

    Qui si creano infatti, molto spesso, ponti termici dovuti a incomprensioni tra gli operatori o a scarsa consapevolezza del problema in termini di rapporto costo/beneficio.

    Molto spesso infatti si sentono i rivenditori/installatori di serramenti chiedere al committente se vogliono il controtelaio o meno e, nella maggior parte dei casi, il committente sceglie di farne a meno per evitarne il costo.

    Il problema è che il controtelaio non è stato concepito a caso ma, per l’appunto, per garantire la perfetta tenuta tra il serramento e il perimetro muraio dell’apertura in cui viene inserito. Una volta murato infatti garantisce un profilo regolare e dotato di apposite guarnizioni o altri sistemi che annullino ogni possibile discontinuità e quindi passaggio di aria che si porterebbe dietro anche il passaggio del calore, in uscita verso l’esterno in inverno, e viceversa in estate.

    Se se ne fa a meno si ha un risparmio, che non è solo dovuto ad un componente in meno ma anche alla sua mancata installazione da parte della ditta incaricata della realizzazione delle opere murarie.

    L’alternativa al controtelaio è spesso quella di usare schiume poliuretaniche ad espansione o nastri biadesivi, anch’essi espandenti in fase di installazione, che vadano a saturare ogni possibile spazio tra serramento e muratura.

    Purtroppo però, questa seconda ipotesi non è sempre efficace, proprio per l’irregolarità della superficie muraria, lungo il perimetro del foro muro e quindi, spesso, non si risolve il problema illustrato prima.

    Il risultato è che si spendono migliaia di euro per serramenti a perfetta tenuta, con doppio o triplo vetro, con pellicola bassoemissiva, gas nobili nella intercapedine, guarnizioni multiple, i cui effetti sono miseramente vanificati dal fatto che tutt’intorno passa di tutto, non avendo sigillato il profilo perimetrale.

    Il protocollo Casaclima tiene in grande considerazione questa tematica  tento da aver messo a punto un test di verifica specifico: il blower-door test. 

    Consiste nel mettere in depressione l’immobile applicando una macchina che crea il vuoto ad una delle aperture dell’immobile. Quando gli ambienti sono alla pressione giusta si passa con una fiaccola o dei fumogeni sul perimetro di tutti i serramenti esterni e se si vede la fiamma o il fumo mossi da correnti d’aria si interviene a sigillare lo “spiffero”.

    Per chi non aderisce al protocollo di certificazione Casaclima rimane la raccomandazione di porre molta attenzione al tema e valutare bene se non sia il caso di spendere qualche denaro in più per non dover buttar via tutto l’investimento. 

    Ancora una volta più che mai si tratta di spendere bene più che spendere poco!

    Altro tema molto “scabroso” quando si deve realizzare un cappotto esterno è proprio la qualità della superficie muraria su cui si andranno ad applicare i pannelli isolanti.

    Innanzitutto occorre essere certi che lo strato di intonaco esistente sia ancora ben “aggrappato” alla muratura sottostante perché è evidente che, se ci fisso sopra dei pannelli isolanti e questo subisce dei distacchi, mi si distaccano anche i pannelli. E’ opportuno quindi eseguire una accurata battitura della superficie intonacata e rimuovere le parti soggette a distacco, ripristinandole con intonaco nuovo, anche a toppe. In questo modo si potrà avere un piano sicuro su cui fissare il rivestimento a cappotto.

    Altra situazione tipica è una superficie non perfettamente planare con varie scabrosità diffuse che possono rendere difficile la posa dell’isolante.

    In questo caso si tratta di valutare l’entità di tali “rilievi” o lacune perchè potrebbero essere facilmente assorbiti dalla densità e dall’elasticità del materiale isolante.

    Se si trattasse di fenomeni di entità importante occorrerà spicconare o raschiare via le escrescenze e, al contempo, rasare con apposito impasto le parti lacunose in modo da avere una sufficiente planarità atta a ricevere l’applicazione dell’isolante.

    Una delle criticità più diffuse, e fonte di contenzioso, su questa materia è senz’altro la non sufficiente attenzione posta alle giunzioni tra elementi isolanti, soprattutto negli attacchi tra componenti verticali e tra questi e quelli orizzontali o inclinati.

    Nei punti di contatto infatti vanno fatte le opportune sovrapposizioni e sigillature, che non lascino fessure e punti di discontinuità, attraverso i quali si possano avere dispersioni termiche. 

    È tipico infatti che proprio negli angoli, che rimangono freddi, vada a concentrarsi il vapor d’acqua in sospensione nell’aria ambiente e condensi allo stato liquido, favorendo l’insorgere di muffe e fenomeni simili, con effetti negativi non solo per l’estetica ma anche per la salute di chi in quegli ambienti ci vive.

    Ultima criticità, ma non per importanza, le modalità di posa dell’isolamento termico che non sempre rispondono alle prescrizioni e alle specifiche fornite dal produttore che, per altro, investe molte risorse per la formazione delle maestranze specializzate.

    Ogni sistema infatti ha le sue modalità applicative, che prevedono un numero preciso e una precisa disposizione dei fissaggi meccanici, un’idonea preparazione del sottofondo o del piano di posa, delle specifiche caratteristiche dei collanti da adottare e dei tempi da rispettare, affinché tutto sia realizzato al meglio e ne possa essere garantita la durata nel tempo oltre alle prestazioni termofisiche di progetto.

    Dato che i primi interventi di coibentazione risalgono a una decina di anni fa, visto che le prime leggi sono del 2005 e del 2006, con modifiche e implementazioni ancora in corso, a livello regionale e nazionale in recepimento di direttive europee, si può fare un bilancio sulla bontà di quanto realizzato.

    Non dispongo di dati ufficiali ma non sono poche le notizie di contenzioso tra committenti e imprese per distacchi di intere aree coibentate, per affioramento delle giunzioni e dei fissaggi, e per errori di realizzazione, che vengono facilmente evidenziati con una semplice termocamera.

    Trovo che sia particolarmente importante limitare al minimo fisiologico le criticità sin qui descritte perché purtroppo hanno un effetto boomerang molto dannoso per la diffusione di tali sistemi.

    Occorre sempre di più che gli interventi di coibentazione siano considerati delle buone pratiche, necessariamente basate su un nuovo paradigma culturale, la cui diffusione appare più che mai urgente e improcrastinabile, alla luce delle emissioni che ogni giorno rilasciamo nella nostra atmosfera e che generano quei cambiamenti climatici i cui effetti devastanti e costosi, da tutti i punti di vista, sono sotto gli occhi di tutti.

    Nel prossimo post farò alcune considerazioni generali sull’isolamento acustico, che è strettamente legata all’isolamento termico e direi che trova maggiore sensibilità presso la gente.

    Stay tuned

    e.r.g.o.

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