Adolf Loos e i suoi progetti ancora attualissimi.
Da poco più di una settimana sono a Vienna e, girando per le strade di questa città austera, elegante, ricca… imperiale, si incontrano le architetture di quel genio polemico e contraddittorio che fu Adolf Loos, architetto vissuto a cavallo dei Secoli XIX e XX. Nato a Brno, nell’allora Cecoslovacchia, è noto per uno dei suoi motti che esaltava le istanze funzionali rispetto a quelli decorativi. “Ornamento è delitto” diceva, e ne dimostrò la validità nei suoi progetti più riusciti.
Personaggio primario del movimento funzionalista, da cui ebbe origine poi il Razionalismo, diede un forte impulso al gusto architettonico moderno, tanto che le sue opere risultano ancora attuali.
Attento osservatore dei fenomeni culturali e sociali negli altri paesi d’Europa e negli Stati Uniti, in cui visse per tre anni, faceva continue comparazioni tra le innovazioni e le evoluzioni del gusto rispetto all’attaccamento alla tradizione dei reazionari austriaci, che rifiutavano ogni miglioramento e modernizzazione in tutti gli ambiti, dall’abbigliamento al design all’architettura.
La cosa che più mi affascina di Loos è la sua attenzione al dettaglio, ogni singolo particolare, anche il più insignificante, almeno apparentemente….
Questo gli consente di risolvere in maniera straordinariamente creativa spazi minuscoli, rendendoli vivibili e accoglienti, carichi di identità e carattere. O forse questa sua capacità di “muoversi nello stretto” gli deriva proprio dal doversi misurare con tali ambienti. Non mi interessa più di tanto capire se si tratti della causa o dell’effetto, mi basta constatare come a distanza di quasi un secolo, molte delle sue opere siano perfettamente conservate e, soprattutto, utilizzate. Non reliquie di un tempo che fu ma oggetti perfettamente funzionanti e funzionali, nonostante i cambiamenti che ha subito il mondo nel frattempo, ma soprattutto ancora attuali nel linguaggio, affascinanti nelle forme e nei materiali, accoglienti, emozionanti e avvolgenti, fonte di benessere per chi li vive.
L’esempio più eclatante di quanto ho appena cercato di descrivere poc’anzi è senza dubbio l’American Bar.
In uno spazio di soli 6m x 4,5m, Loos compie il miracolo di creare un ambiente accogliente, caldo, confortevole ma non angusto, disponendo con cura ogni elemento, curando ogni dettaglio e dilatando lo spazio con la sapiente collocazione degli specchi, al di sopra della boiserie in legno di padouk africano. La cura nel disegnare il soffitto a cassettoni e nel disporre le lesene in marmo, viene riflessa negli specchi, rendendo lo spazio percepito come ampio e dilatato.
Le lampade sospese e soffuse, i tavolini con piano in vetro opalino illuminato dal basso che fanno sembrare sospesi i bicchieri, la parete sopra l’ingresso rivestita di lastre di onice giallo ocra retroilluminate, i divanetti fissi in pelle verde, il pavimento a scacchiera biancoverde, creano un’atmosfera irripetibile e apprezzata dai clienti.
I servizi sono al piano interrato, a cui si accede da una stretta scala con gradini a ventaglio, rivestita di linoleum verde, e comprendono un piccolo magazzino, i bagni e un vano con divanetto per telefonare, un tempo usando l’apparecchio a muro… ora usando il cellulare.
La sapiente maestria con cui i viennesi sanno evolvere gli ambienti per restare al passo con i tempi, dosando tradizione e innovazione, ha fatto sì che ci sia una coppia di barman che servono cocktail originali e una vasta scelta di alcolici di qualità, con spirito allegro e dinamismo. Nell’aria la musica di sottofondo mixata da una dj sistemata in una delle nicchie formate dalla bussola d’ingresso. Sono arrivate le recensioni su Trip advisor e i frequentatori vanno dall’avvocato all’hypster, dal designer al personaggio famoso, dall’artista al portiere d’albergo al turista.
In altre parole, il “contenuto” sociale si è evoluto ma il “contenitore” edizio è rimasto quello di sempre, con la stessa atmosfera del 1907 e ogni elemento accuratamente conservato nella sua forma e consistenza originale.
Loos realizzò molti altri negozi e caffè, spesso affrontando spazi angusti da risolvere con le sue prodezze funzionali di interior designer, dotato di gusto e sensibilità per il bello nella sobrietà e scevro da ornamenti e decorazioni posticce. La sua diventa una vera e propria battaglia contro il superfluo.
Il sapiente dosaggio dei materiali pregiati, come legno di mogano, marmi, tessuti, ottoni e vetro, usati con la loro estetica intrinseca senza troppi trattamenti, la loro composizione armonica e proporzionata, esaltata dallo straordinario uso degli specchi, ha prodotto ambienti unici e senza tempo. Cito solo il Cafe’ Museum, la sartoria Knize e la libreria Manz, come esempi paradigmatici.
Nella progettazione di edifici si cimenta spesso con le case unifamiliari e le ville, chiamato a progettarne anche fuori Vienna, a Parigi la casa del pittore Tristan Tzara, a Praga la villa Mueller, a Vienna casa Steiner.
Il suo edifico più importante è senz’altro l’edificio in Michaelersplatz, trionfo di marmi, colonne e composizione che attinge al vocabolario classico per scrivere una pagina tra le più moderne dell’architettura di allora.
La facciata è caratterizzata da due ordini: la metà inferiore classica con alementi costruttivi tradizionali e quella superiore “amorfa”.
Per la prima volta si vide in città una facciata liscia, priva di ornamenti e bianca, con le finestre ritagliate, e per di più di fronte al Palazzo Imperiale!
Si sancisce, o forse è l’inizio, della caratteristica abilità viennese di far coesistere tradizione e innovazione nell’architettura e nel tessuto urbano!
Loos è contemporaneo di Klimt ed è interessante cercare dei punti di contatto tra i due straordinari personaggi che tanto hanno dato alla cultura e alla società di quegli anni di fermento, stroncati dal primo conflitto mondiale, nato proprio dall’assassinio a Sarajevo dell’Arciduca Francesco Ferdinando erede al trono autrougarico.
A quel tempo Loos aveva 45 anni e Klimt 53.
Loos e Klimt sono quanto di più lontano si possa immaginare: il primo nemico dichiarato dell’ornamento in ogni sua forma e l’altro un vero maestro della decorazione. Ma la distanza è solo apparente, per una serie di motivi che cercherò di argomentare di seguito.
Innanzitutto, coerentemente con il suo essere contraddittorio, Loos non è affatto contrario alla decorazione tout-court ma a quella posticcia. Le sue opere non sono affatto minimali e contengono una “decorazione intrinseca”, frutto della scelta accurata e meticolosa dei materiali per la loro carica comunicativa e l’alto valore estetico. E’ molto lontano dal Purismo, dal Minimalismo e dal Total White ed è più vicino di quanto sembri alla poetica di Klimt, con la sua esaltazione della natura e delle sue straordinarie espressioni estetiche, mai indipendenti dalla funzione che sono chiamate a svolgere.
Sia Loos che Klimt mettono al centro della loro opera l’uomo e la natura, in una visione sistemica in cui tutto è connesso, e ogni organismo non è frutto della somma delle singole parti ma insieme organico, in cui le relazioni tra le parti rappresentano il vero fulcro vitale.
Entrambi danno molta importanza all’artigianato di qualità, spesso con valenza di arte, come in quei secoli in cui spesso la cornice aveva più valore del quadro! La cura delle proporzioni, la preferenza dei colori originari e delle texture intrinseche al materiale, esaltate e non coperte, modificate, occultate… sono la caratteristica di Loos.
L’esplosione della natura e il dominio dei sensi sulla ragione, con l’esaltazione delle emozioni attraverso forme organiche, colori intensi, diramazioni tentacolari che tutto avvolgono infondendo la vita, sono la cifra di Klimt.
Due facce della stessa medagli: a Loos la testa, a Klimt la pancia…. ad entrambi il cuore!
e.r.g.o.
p.s.: e.r.g.o. è l’acronimo del mio nuovo essere digitale e significa egidio raimondi green optimizer… quello che faccio lo spiego nelle sezioni del blog e nei miei post!
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